Quando veniamo al mondo è l’abbraccio di una madre che ci fa sentire il primo calore della vita.
Quando abbiamo freddo, avviciniamo le nostre braccia al nostro corpo come a volerci abbracciare. Così anche quando un dolore improvviso o aspettato entra nella nostra anima. Ci abbracciamo.
Quasi a volerci consolare; per cacciare via quel freddo che porta con sé tristezza, solitudine, abbandono. E sentiamo il nostro calore.
In questi giorni gelidi in cui ci si rintana nella propria casa e ci si sente al sicuro, protetti anche dal calore familiare, ci sono purtroppo tante donne e tanti uomini soli, al freddo, che dignitosamente non ci chiedono nulla. A loro basta uno scatolo di cartone in cui rannicchiarsi per passare la notte.
In molte città è stato permesso ai clochards di ripararsi nelle stazioni. Nessuna chiesa è rimasta aperta di notte per ospitarli. La cristianità. Bella parola. Cristo non “si è fermato ad Eboli”, ma proprio su di un altro pianeta.
Vagabondi senza tempo e senza luogo, forse hanno dimenticato anche la loro storia, ma il calore di un abbraccio lo ricordano ancora.
E’ qualcosa di lontano, di antico. Loro saprebbero apprezzarlo, ma nessuno osa avvicinarsi al loro odore. No, mi sbaglio, qualcuno offre il proprio corpo bisognoso d’affetto ed il clochard lo abbraccia stretto stretto, uniti da un’unica coperta e dallo stesso destino. E’ un cane. Si abbandona e si accoccola al calore umano in un cieco fidarsi.
Quanto è bello il calore di quell’abbraccio.
– Paola Testaferrata – ondanews.it –