
Il posto fisso è sempre più difficile da garantire, perché ormai il mondo economico e imprenditoriale spinge verso lavori flessibili, che prevedano la possibilità di chiudere il rapporto di lavoro, di licenziare senza giusta causa.
Questa è un’impostazione del mondo del lavoro tipica del mondo anglosassone, dove il concetto del “posto fisso” non esiste e dove la flessibilità del lavoro è, da sempre, un concetto accettato da tutti perché è stato sempre così.
Il Presidente Monti è espressione di una parte del mondo accademico che crede, fortemente, in queste teorie del lavoro di matrice anglosassone, che possono rappresentare, in questo particolare momento di crisi economica e di lavoro per i giovani, un elemento di novità per spingere le imprese ad assumere i giovani.
Quindi, chi si ritrova in questa teoria del lavoro non può che condividere l’uscita del Presidente, fatta forse anche per spingere i giovani a pensare al lavoro in maniera più stimolante ed interessante, sempre se esiste la possibilità di cambiare di lavoro.
Ed è qui che mi sorgono i primi dubbi.
Noi dobbiamo guardare la realtà in cui viviamo, che è diversa da quella anglosassone ed americana.
L’Italia è cresciuta e si è sviluppata dal Dopoguerra in poi anche grazie ad un’impostazione del mondo del lavoro basata sul posto fisso.
Il posto fisso ha garantito generazioni intere, ha permesso di far vivere ad intere famiglie, ha fatto sviluppare la società italiana e l’impresa italiana.
Non dimentichiamo che con la certezza del reddito derivante da un posto di lavoro fisso, le famiglie degli anni sessanta, che magari per la maggior parte provenivano dall’agricoltura, si sono costruiti una casa, hanno fatto studiare i propri figli, hanno messo soldi da parte, creando quel “risparmio delle famiglie”, che oggi tutti invocano come vantaggio per l’economia italiana, rispetto agli altri paesi che sono fortemente indebitati nel settore privato, tra i quali proprio l’Inghilterra e gli Stati Uniti, dai quali ora vogliamo copiare il concetto del “lavoro flessibile”.
Leggevo ieri, tra i vari commenti su internet alle parole di Monti, proprio una domanda rivolta a Monti relativa a “come chiedere un mutuo alle banche se sei senza un lavoro, almeno stabile”.
E questo è un altro punto molto delicato da analizzare.
Io che mi trovo nel mondo bancario da più di 30 anni sono stato educato ad analizzare le richieste di finanziamento dei clienti proprio sul reddito che la persona ha, ed uno degli elementi che più risulta importante nella valutazione della richiesta è proprio la certezza del reddito.
Per questo mi chiedo, com’è possibile garantire l’accesso al credito di questi giovani che si ritroveranno a lavorare sapendo che, da un momento all’altro, la stabilità del proprio posto di lavoro viene messa a rischio e che poi, per continuare a vivere, è necessario fare cambiamenti molto forti, spostarsi in altre città, far spostare anche la propria famiglia.
Oltretutto, l’Italia non è nemmeno un paese dove è facile ed economico spostarsi in un’altra città.
Ritengo, quindi, che le parole di Monti siano poco applicabili in questa nostra realtà, che si basa e si fonda su un concetto diverso di lavoro, dove le persone, per quanto più di prima, non sono poi così orientate a cambiare le proprie abitudini e le proprie certezze per rincorrere un lavoro che diventerebbe, così, estremamente mutevole.
E poi chi siamo noi per decidere che la vita di un giovane deve essere, in questo caso, resa ostaggio dell’incertezza del lavoro?
Purtroppo è già così, perche con la crisi le imprese e l’apparato statale assumono sempre meno.
E non credo sia giusto acuire questo grave problema per i giovani!
– Michele Albanese – Presidente Onorario di OndaNews e Direttore Generale della BCC Monte Pruno –