Di notte, nella penombra della stanza cerca un assassino o descrive la scena di un delitto. Non è una criminologa, non è un’investigatrice privata. La sua vita non è tinta di rosa, ma la circondano il giallo ed il noir. Ci conduce con la parola nel mondo del mistero e del thriller e non ci lascia soli, ma spia le nostre mosse. Che stia cercando ancora il colpevole ? Io ho un valido alibi; stavo intervistando una scrittrice: Maria Silvia Avanzato.
- Sei giovanissima e scrivi già da tanto tempo. Praticamente, sei nata con la penna in mano?
Ho preso la penna in mano a cinque anni, prima ho dovuto imparare a leggere. Mio nonno ci teneva molto: mi portava a spasso per il centro di Bologna, indicava le insegne dei negozi e aspettava che le leggessi. Era un modo tutto nuovo di imparare a leggere, con le luci e i colori delle scritte al neon. Non a caso, la mia prima parola letta fu “Bar”. Dopodiché imparai che, a mia volta, potevo combinare assieme le lettere e creare parole mie, sulla carta. E decisi di farlo per tutto il tempo a venire.
- Tra i vari generi a cui ti sei dedicata qual è quello che preferisci?
Amo molto il noir, specie quando ha inflessioni gotico rurali. Storie di paese, diaboliche, macchinose, spesso pervase da un sottofondo nemmeno tanto dissimulato di dialetto locale. Scrivo favole, sostanzialmente. Favole gialle e nere, dove la vecchia casa scricchiolante, le malelingue fra i banchi della chiesa o la leggenda paesana diventano elementi imprescindibili per creare una certa atmosfera.
- Quando ti sei accorta di avere una preferenza per il genere giallo?
Ho sempre letto moltissimi gialli e vengo da una famiglia di lettori altrettanto accaniti. Mi sono avvicinata presto alla Rendell e ad altri autori cardine del giallo classico. Tuttora, amo trovare elementi propriamente classici nella letteratura gialla. Mutilazioni, sparatorie e inseguimenti non fanno per me. Io sono per i vecchi merletti, il the delle cinque e i pasticcini all’arsenico.
- In quale momento della giornata ti dedichi alla scrittura?
La notte è il momento che preferisco, specie se è tarda. Scrivo molto da mezzanotte alle quattro del mattino. Ovviamente dipende da ciò che sto scrivendo: se qualcosa mi appassiona in modo particolare, scrivo il pomeriggio o la mattina presto. A volte durante il pranzo con la forchetta in mano e gli occhi fissi sul computer.
- Quando scrivi in che rapporto sei con i personaggi? Come si presentano nella tua mente? Come si “creano” le storie?
I miei personaggi nascono in funzione del luogo nel quale si trovano. Se immagino una vecchia casa colonica in aperta campagna, sarà lei a suggerirmi una massaia annoiata accanto al camino. Ogni luogo chiama a sé personaggi particolari. Io mi limito ad adeguarli alle situazioni, ma l’ispirazione nasce in me immaginandomi un posto, una via, una stanza. E le storie le detta la fantasia.
- C’è qualche personaggio in cui riconosci caratteristiche di persone che osservi o che conosci?
Fra quelli finora approdati alla carta, ci sono alcune attinenze. Enea, il protagonista del giallo per ragazzi Ratafià per l’Assassino (Forme Libere, 2010), è un ragazzino incerto sul futuro, forse un po’ impressionabile, ma curioso di scoprire la propria storia famigliare. Sicuramente lo riconduco molto a mio fratello Luca. Ci sono, sparse per i miei racconti, molte figure ricorrenti della mia vita. In genere c’è sempre una vecchietta spiritosa e stravagante, saggia e paziente, ed è indubbiamente mia nonna. Quando scrivo per ragazzi, compare spesso “l’amica del cuore dell’infanzia”, quella disposta a condividere tutto e a divenire guardiana dei segreti. Anche questa, realmente esistente: è la mia amica Irene. Talvolta, poi, compare un terzo personaggio: il grande amico dell’adolescenza, un po’ una cotta, un po’ un confidente, il ragazzo più grande che riassume l’ideale maschile e al contempo il Peter Pan impenitente. Tutti questi personaggi mi regalano storie.
- Una scrittrice di “gialli” da cosa o da chi viene ispirata?
Nel mio caso, dalla criminologia. Leggo moltissimi testi in merito e seguo con una certa ritualità la cronaca nera. Un tema così scabroso non può certo appassionare, ma io nutro molto interesse per il profilo psicologico dei criminali. Naturalmente, in sé per sé, è una materia un po’ arida. Io la arricchisco raccogliendo le vecchie storie paesane, le dicerie, le testimonianze storiche. A quel punto fondo una lucida mente criminale, con qualche leggenda riecheggiante per il nostro paese. E, in effetti, il risultato mette paura.
- Hai studiato le tecniche di scrittura o sei un talento naturale?
Non ho mai fatto corsi appositi, né studiato nulla. Ritengo che non si possa “imparare” a scrivere, si può “imparare” la grammatica italiana e questo avviene sui banchi di scuola e sui libri che ci accompagnano per tutta la vita. Il resto, a parere mio, è una specie di “vocazione”, il serbare una capacità dentro di sé, da sempre. All’inizio è ruvida, cruda, ha bisogno di essere smussata, cesellata e l’occasione la offrono i concorsi letterari, i confronti, l’esercizio. Si tratta di perfezionamento, di crescita, ma non credo che qualcuno possa erigersi a “mastro di scrittura” del prossimo. Ognuno ha il suo stile, la sua tecnica e il talento non si impara. Se invece parliamo di corsi per “imparare a scrivere secondo i canoni commerciali del momento”, allora credo possano esistere “maestri” in materia. Tuttavia, in quel caso, sono maestri di marketing, non di scrittura.
- Hai mai trovato ispirazione da un sogno fatto?
Talvolta sì, ma i miei sogni, in massima parte, sono talmente assurdi che trasporli su carta non darebbe buoni risultati, finirebbe con il confondere il lettore e basta. Mi capita invece, piuttosto spesso, di avere qualche “illuminazione” improvvisa, prima di dormire, nell’ultimo attimo di veglia prima del sonno. A quel punto, se l’idea è davvero folgorante, mi alzo e vado a scriverla. Se è una buona idea ma “può attendere” prendo nota sul quaderno che tengo sul comodino e se ne riparla la mattina dopo.
- Cosa vuoi fare “da grande”?
La scrittrice. Lo volevo da bambina, lo voglio decisamente ancora. Il valore aggiunto della crescita è che si possono prendere i sogni infantili e trasformarli in realtà concrete, in progetti fattibili. Bisognerebbe educare i piccoli a credere disperatamente ai loro sogni campati in aria. Se un bambino vuole fare l’astronauta, bisogna parlargli della possibilità di studiare Fisica Nucleare. Tutto è possibile, se il sogno è grande.
- Cos’è per Maria Silvia la scrittura?
Dico spesso che è “la tarantola che mi ha morso la mano”. È una puntura d’insetto, qualcosa che mi è entrato nel sangue da subito, un delizioso veleno. Una grandissima esigenza, febbrile, un po’ folle. Mi vengono in mente i Tarantolati del Sud, per intenderci. Io sono così: tarantolata da una vita.
- Maria Silvia, com’è il tuo carattere?
Partiamo dagli aspetti negativi, siccome ho la presunzione di credermi una persona autocritica. Mi reputo una nevrotica e una lunatica, troppo drastica nelle decisioni, un po’ vendicativa e decisamente troppo impulsiva. E, intanto, abbiamo collezionato un bel po’ di difetti. In positivo posso dire che sono una persona generosa, penso molto più agli altri che a me stessa e questo, nel tempo, ha fatto di me la buona amica di tante persone. Insomma, ho una certa “scorza”: chi la trapassa, trova una polpa molto più morbida e gustosa. Certo, bisogna avere la volontà di scavare nella scorza e questa è una briga che non tutti si prendono.
- Cosa rappresenta per te la tua vecchia casa che possiamo ammirare nelle tue foto su facebook ?
La mia casa di famiglia è il ricettario dei miei ricordi. Da quando ero bambina, trovo rifugio nella vecchia casa dove hanno vissuto le mie bisnonne pittrici, poetesse e amanti dell’arte. Donne caparbie che hanno saputo, in tempi lontani, innovare ed emergere, pestando i piedi per farsi sentire. Laggiù, sotto il glicine fiorito del giardino, mi sento un po’ come loro. Una strana eremita che passa le giornate a scrivere e fare camminate fra vecchi mulini e chiese diroccate. In quella casa, senza telefono, internet, tv e mezzi di trasporto, si ci spoglia dei capricci superflui: per fare la spesa, ci sono da fare cinque chilometri di salita a piedi. Bisogna comprare lo stretto necessario e ogni acquisto ha un valore altissimo, il sapore della conquista. La sera, si va a letto presto e rimane tutto il tempo di leggere sotto le coperte, senza la tentazione di uscire in cerca di locali o accendere la televisione. In tavola, ci arrivano i regali dell’orto: spesso, per un pugnetto di salvia, bisogna arrampicarsi a cercare il cespuglio. Allora è come se i fantasmi della casa mi guardassero con approvazione e io divento un po’ fantasma romantico, con loro.
Legata ai ricordi tramite una solida catena di valori, Maria Silvia mi appare decisamente molto romantica. Che siano proprio i fantasmi di quella vecchia, magica casa della sua infanzia a raccontarle le loro vite? Oppure è lei che legge le storie scritte nei cari oggetti di famiglia, nei luoghi che l’hanno vista bambina, nei profumi di una vita che si può ancora sognare? Affascinante mistero! Dopo aver gustato l’ ottimo liquore alla ciliegia, preparato con le sue mani, mentre lei sorseggia ancora l’aranciata, la saluto cordialmente. Lascio la “tarantolata”della scrittura alle prese con sospetti ed indagini.
Allontanandomi, sento su di me il peso del suo sguardo assassino, dei suoi magnifici occhi verdi. Qualcosa di lei mi ricorda “Arsenico e vecchi merletti”… Uno strano dolorino alla bocca … Sento stringermi la gola. Fa freddo questa sera! Mi manca l’aria. Mi sono stancata troppo? Il mio respiro diventa affannoso. Eppure non fumo ! Mi volto a guardarla. Ride. MARIA SILVIA ! … COSA HAI MESSO NEL LIQUORE !?!
NOTE SULL’AUTRICE
Maria Silvia Avanzato ha vinto il concorso “Mad For Guitar” con il racconto”Trappola scordata”. Con “Ratafià per l’assassino”, Edizioni Forme Libere, Trento, 2010, è stata tra le vincitrici del premio letterario “Passi nel buio” di Verona 2009. (Il ratafià è’ un delizioso liquore alla ciliegia, al quale nel racconto vengono aggiunte due bacche di gigaro, pianta velenosa). Ha pubblicato: ” Ogni donna ha la sua casa” nella quale Silvia ambienta una psiche a un’abitazione; “Tre duchesse di lana” per “Racconti sepolti” (Il Foglio Letterario), “Dove si nasconde il frangipani” per “Racconti nel castello”(La Penna Blu), passando dall’horror al gotico e al giallo. Con “Passi nel buio”,collana curata da Gaia Coventi, dedicata ai gialli, ai noir e ai mistery di Edizioni Forme Libere del Gruppo Editoriale Tangram, Maria Silvia Avanzato è stata presente al “Salone internazionale del Libro” di Torino. In uscita con la Casa Editrice “Forme libere” è una sua raccolta di nove racconti noir sull’uxoricidio: “L’ira delle Danaidi”. Vive a Bologna.
– Paola Testaferrata –