Il gruppo Facebook “I piccoli paesi occasione di sviluppo per l’Italia intera”, fondato da Carmine Cocozza, esiste da circa quattro mesi. L’obiettivo principale del gruppo è quello di far emergere risorse materiali e immateriali per liberare le energie e le potenzialità dei piccoli paesi delle aree interne.
Secondo l’amministratore del gruppo “sono le aree dei piccoli paesi quelle a più alta potenzialità di sviluppo” ma c’è bisogno di cuori e menti capaci di ridare senso a questi luoghi per attivare tali potenzialità. C’è bisogno di nuovi sguardi e di nuove parole. C’è bisogno tanto di sogni e di poesia quanto di proposte solide e di azioni concrete. C’è bisogno di braccia, menti e cuori che trasformino i sogni in idee e le idee in azioni di cambiamento.
Riscoprire il senso della civiltà rurale nell’epoca post-moderna, costruire prospettive di sviluppo per i piccoli paesi, questo sembra essere il fil rouge del gruppo. Ciò prende forma in un progetto complesso, il neo-ruralesimo, un movimento di idee in cui si “osa sperare” e si costruisce il cambiamento partendo dalla tradizione e dalle specificità locali.
Per saperne di più abbiamo intervistato l’amministratore del gruppo, Carmine Cocozza.
- D. – Carmine, com’è nata l’idea di creare il gruppo “I piccoli paesi occasione di sviluppo per l’Italia intera”? Con quali obiettivi?
R. – “L’idea di creare il gruppo è semplicemente la necessità di creare una piazza virtuale che faccia da punto di riferimento alle tante ed ai tanti che vogliono proporre, responsabilmente, progetti per restare nelle piazze reali dei piccoli centri”
- D. – Ci racconti qualche esperienza che ti ha colpito particolarmente nella gestione del gruppo?
R. – “Purtroppo l’esperienza conferma che occorre coniugare virtuale e reale; unire le due piazze. Servirà andare paese per paese a proporre e soprattutto ad ascoltare”
- D. – Quali sono secondo te i punti di forza del gruppo? Quali invece i rischi?
R. – “I punti di forza sono quelli di alimentare proposte concrete, possibilmente visibile e replicabili. E’ un punto di forza coinvolgere giovani professionisti, amministratori locali, persone che “lavorano ad un sogno e vogliono condividerlo con altri”. Osare speranza è innanzitutto avere consapevolezza delle proprie capacità e delle difficoltà connesse alla consapevolezza. Il rischio è che tutto resti virtuale, che la pigrizia attanagli le persone come per secoli ha attanagliato molta “classe dirigente” mai consapevole del ruolo dinamico che doveva imprimere al suo fare. Tanta è stata la classe dirigente che ha “gestito la rendita” sociale del suo status”
- D. – Com’è stato accolto questo gruppo ad Auletta e nel Vallo di Diano?
R. – “Dovremo fare delle esperienze sul campo e poi magari trarre delle conclusioni. In questo momento ci sono troppo piazze virtuali e poca “applicazione” in campo reale. Colpa nostra sicuramente. Iniziare un cammino è sempre difficile, ma è cambiamento”
- D. – Cosa può rappresentare, in prospettiva futura, il gruppo “I piccoli paesi occasione di sviluppo per l’Italia intera”?
R. – “Il futuro è il “Progetto: I piccoli paesi occasione di sviluppo per l’Italia intera”. Sono le aree dei piccoli paese quelle a più alta potenzialità di sviluppo. E’ il saputo fare, presente nella storia e nella immaterialità dei piccoli paesi, la “ricchezza” che alimenterà lavoro per le persone che abitano questi centri e per coloro che vorranno tornarci. La speranza è nella riscoperta della missione fondativa di ogni centro abitato; l’anima è quella, rispondere facendo”
- D. – Pensi che il gruppo “I piccoli paesi occasione di sviluppo per l’Italia intera” contribuisca a svuotare le piazze o è una via per ripopolarle?
R. – “Ripopoleremo le piazze, sia virtuali che reali, se il Popolo capirà che ognuno deve fare la sua parte. Ogni essere umano deve riprendere nelle proprie mani la sua vita, le sue aspirazioni, la sua creatività; eliminare rancori atavici e sperimentandosi ogni giorno realizzando il proprio sogno”
- D. – Cos’è il neo-ruralesimo? Quasi sono gli assunti che lo fondano?
R. – “Il neo-ruralesimo è un progetto complesso, come tutte le complessità ha bisogno di essere alimentato da esempi. In giro ci sono, creeremo una comunità divulgativa fatta da persone che già si occupano di questa materia, magari non hanno avuto la necessità di darle un “nome”, ma stanno realizzandola. Del resto la civiltà rurale è l’unica che accompagna l’uomo dai primordi della civiltà. Approfondiremo questo fenomeno, magari organizzando un incontro specifico. E’ tempo”.
– Fabrizio Carucci – ondanews –