Trent’anni fa se ne andava Eduardo De Filippo, un grande del Teatro italiano che ho avuto l’onore di conoscere. Serio professionista , continuava a scrivere testi per il teatro nonostante i disturbi alla vista. Quando lo vedevo camminare nei corridoi del primo piano del teatro di posa di Cinecittà, dove stava registrando per la Rai “Il berretto a sonagli”di Pirandello, lo guardavo incantata.
Quanta fragilità nel suo lieve dondolare le spalle e quanta sicurezza nel suo passo fermo e deciso. Lavorava anche di notte, dopo le prove, scrivendo testi. Non l’ho mai sentito lamentarsi del tanto lavoro. Era esigente, perché amava la precisione e la serietà. Quando si provava, lo si faceva in religioso silenzio. Durante le prove, spesso l’assistente di scena, una gentile signora, si rivolgeva a lui, chiamandolo con rispetto “Maestro”. Un pomeriggio, alzò più forte la voce per fare una precisazione e non un rimprovero: “Non chiamatemi Maestro. Non ero commendatore e mi chiamavano commendatore. Sono diventato commendatore ed hanno incominciato a chiamarmi maestro. Io non sono “maestro”. Ho impiegato una vita per diventare Eduardo. Chiamatemi Eduardo”.L’assistente intimidita pronta rispose: “Sì Maestro”. Non potemmo fare a meno di ridere tutti. Sorrise anche lui, Eduardo, che qualcuno definiva burbero, ma che in realtà aveva, nello sguardo severo e nel cuore provato, la dolcezza di un fanciullo che gioca con i personaggi che inventa, creando intorno a sé il mondo magico del Teatro.
Gelosamente , come reliquie, conservo i suoi scritti, la corrispondenza cortese di un galantuomo che rispondeva personalmente alle lettere di una ragazza che lo ammirava. Roma, 10.1.84: ”Cara Paola, ti ringrazio molto degli auguri che, sebbene con tanto ritardo, ti ricambio con molta cordialità; ma soprattutto desidero congratularmi con te e con tuo marito Rocco per la nascita di Antonio: che possa avere tanta felicità in un mondo nuovo e più simpatico di questo di oggi. E sono sicuro che tra una decina d’anni, quando lui sarà un ragazzetto, le cose andranno meglio: non siete d’accordo anche voi? Un caro saluto a tutti e 3. Eduardo De Filippo
Rileggendo ora questo articolo, mi accorgo di aver sbagliato una parola, che il computer mi sottolinea; ho scritto “congraturarmi”. Correggo con “congratularmi”. Guardo il biglietto di Eduardo scritto con la macchina da scrivere tipica degli anni Ottanta e noto una correzione fatta a penna. Anche lui aveva sbagliato a scrivere la stessa parola. Mi sento più vicina al lui. E sorrido: io, piccola piccola, vicina al genio del Teatro, unita da un piccolo errore e da una reciproca grande simpatia. Se fosse qui, ci avremmo riso su. Mi sento onorata nell’averlo conosciuto e nell’aver lavorato con lui. Poiché credo che i grandi del Teatro restino al mondo e vivano nelle loro opere, sento che Eduardo è qui, in attesa di “un mondo nuovo, più simpatico di questo” .
– Paola Testaferrata –