32 sono le donne vittime di femminicidio in Italia registrate nei primi nove mesi del 2018. 32 come gli anni di Violeta, una di loro, morta a causa di gravi ustioni riportate su quasi tutto il corpo dopo che il compagno avrebbe tentato di ucciderla dandole fuoco nel loro appartamento di Sala Consilina.
I recenti dati Istat rivelano che le donne che nello scorso anno si sono recate nei Centri antiviolenza sono state oltre 49mila, di cui quasi 30mila hanno iniziato un percorso che le aiuterà ad uscire da un tunnel fatto di violenza e brutalità . Nel 27% dei casi sono donne di origini straniere, il 63,7% di loro ha figli che molto spesso sono minorenni costretti a vivere, anche sulla propria pelle, diversi episodi di violenza domestica. L’Associazione Di.Re (Donne in rete contro la violenza) traccia, invece, l’identikit dell’aggressore: il 65% è italiano, quasi sempre il partner (56%) oppure l’ex partner (20%), un familiare nell’8,7% dei casi, raramente un collega o un amico (5,3%) e in pochissimi episodi si è trattato di un estraneo (1,8%).
Numeri, percentuali, cause scatenanti, abitudini inaccettabili. Freddi dati che fanno statistica, dietro ai quali si nasconde e si imbriglia il dolore di chi soccombe, di chi accetta in silenzio uno schiaffo, poi magari un calcio, l’umiliazione, la sottomissione psicologica a un uomo che si trasforma da compagno in padrone, con la pretesa di detenere diritto di vita e di morte. Dietro ai dati ci sono nomi, che difficilmente saranno ricordati a lungo. Dietro ai numeri ci sono futuri freddamente annientati, sogni, progetti di vita trasformati improvvisamente in incubi.
Il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sembra quasi ricordare quanto sia difficoltoso esserlo, donna. Manifestare perchè un uomo strangola la propria compagna invece di baciarla sembra quasi un paradosso. Eppure quei dati gelidi e macabri al tempo stesso ci ricordano che accade. E che accade sempre più spesso, anche a pochi passi da noi. Nel 35% dei casi ad essere uccise sono donne escluse da qualsiasi forma di indipendenza economica: disoccupate (23%), casalinghe (8%), studentesse (3,9%). Donne che, con molta probabilità , fuggirebbero dai propri aguzzini se solo avessero l’opportunità di sostenersi e crescere da sole. Un fattore che dovrebbe far riflettere le istituzioni, soprattutto quando pensano di risolvere il problema istituendo unicamente sportelli, poi lasciati soli nel percorso, o creando slogan ad hoc una volta all’anno.
Ci saranno altri 32, che diventeranno 50, forse 64. Ci saranno altri schiaffi, altre umiliazioni, ancora tante ingiurie. Ci saranno altre donne spaventate, sottomesse, dipendenti. Ci saranno ancora altre giovani Violeta, forse non arse vive, ma strangolate, accoltellate. Pur sempre delle Violeta, con il suo stesso terrore nello sguardo. Ci sarà ancora violenza finchè quel NO, oggi tanto urlato in piazza, non verrà sostenuto da azioni concrete che conducano verso l’autonomia. L’unica arma vincente contro pistole, coltelli, pugni e taniche di benzina.
– Chiara Di Miele –
Se in Italia ci fosse una vera giustizia, severa, un ergastolo a pane e acqua per questi bruti, che non son degni di essere chiamati uomini, sicuramente qualche cosa cambierebbe.