Circa dieci giorni fa, la redazione di Ondanews ha dato voce alla propaganda per la raccolta firme a favore di uno sciopero contro la cultura della violenza sulle donne, nato dall’idea di due giornaliste freelance italiane, che funga da contrasto alle barbarie accomunate sotto il termine “femminicidio”, onnipresente sulle pagine di cronaca nazionale, data la rapidità con cui cresce il numero di casi appartenenti a questa fattispecie, crudele e cieca dinanzi alla fragilità della figura femminile.
Uno sciopero che evidenzi quanto sia importante il ruolo delle donne e quanto sia necessario che la legge italiana le tuteli oltremodo.
Un recente caso di femminicidio anche nel Vallo di Diano, rappresentato dall’efferato omicidio di Olena Tonkoshkurova, ci spinge a parlare ulteriormente di questi tragici episodi.
A questo riguardo, Ondanews ha intervistato l’Avvocato Gian Ettore Gassani, salernitano, Presidente nazionale e fondatore dell’AMI (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani), esperto in Diritto di famiglia, cassazionista del Foro di Roma, ospite in molti programmi televisivi e radiofonici chiamato ad affrontare le tematiche di cui è autorevolmente esperto e autore del saggio “I perplessi sposi”, indagine sulle variegate vicende e sui problemi che affliggono i nuclei familiari contemporanei.
- D. – Avvocato Gassani, cosa pensa sia utile fare, in questo momento, per porre un freno a tutti i recenti casi di femminicidio dilagante in Italia?
R. – “La violenza in famiglia è la peggiore piaga sociale del nostro Paese. Purtroppo la famiglia italiana non è più un’isola felice o sempre il luogo degli affetti, anzi è spesso teatro dei delitti più odiosi. Si calcola che dal 2006 ad oggi i fatti di sangue, consumatisi in famiglia, abbiano superato statisticamente quelli commessi dalla malavita organizzata. Chi di solito fa le spese di questa mattanza sono le donne.
Di qui il fenomeno del “femminicidio” di cui si sta parlando da anni e che è stato oggetto dell’ultimo congresso nazionale dell’AMI che si è tenuto a Roma nei giorni 14 e 15 giugno 2013.
Si registrano, tuttavia, gravi violenze ed abusi nei confronti dei minori (infanticidi) e a danno di alcuni uomini. La questione è soprattuto culturale. La donna viene vista da molti uomini come un bene di proprietà da controllare e possedere. Quando la donna decide di troncare una relazione, molti partner uomini non l’accettano e diventano violenti fino ad arrivare al gesto estremo.
Occorre creare misure di prevenzione autentiche su tutto il territorio nazionale. Il 40% delle donne uccise dal loro marito/compagno avevano già sporto denuncia contro il loro carnefice. Questo è il segno che il sistema non funziona e che la legge antistalking non ha ottenuto gli effetti sperati. Urge contemplare misure di protezione per quanti hanno sporto denuncia di violenze.
Una denuncia non può e non deve trasformarsi in una condanna a morte per la vittima. In Italia ci sono già i braccialetti eletrronici per monitorare i movimenti dei criminali. Ma non vengono usati. Questo è un fatto scandaloso. Inoltre, molti reati intrafamiliari finiscono in prescrizione o quando c’è una sentenza di condanna, si tratta di sanzioni penali del tutto irrisorie e simboliche. Occorre riformare il diritto penale, inasprire le pene, prevedere misure cautelari efficaci. Ma occorre anche cambiare la cultura sociale della gente. Occorre già dai banchi di scuola educare al rispetto delle persone e delle loro scelte. Occorre proteggere le donne e convincerle a denunciare le violenze domestiche (solo il 9% delle donne si ribellano al carnefice)”
- D. – Da legale in quante occasioni ha potuto toccare con mano condizioni di soprusi e violenze subìte dalle donne? In che ambiente è più facile incontrare casi del genere?
R. – “Nella mia carriera di avvocato matrimonialista mi capita spesso di imbattermi in vicende di violenza intrafamiliare. Si tratta di una violenza trasversale che riguarda tutti gli ambienti, specie quelli “bene”. Spesso assisto in giudizio mogli di affermati professionisti che sono state vittime di violenze fisiche e psicologiche inaudite. L’ho spiegato nel dettaglio nel mio fortunato saggio “I Perplessi Sposi” con la prefazione di Paolo Guzzanti (Aliberti Editore), narrando vicende che ho trattato personalmente in prima linea. Anche per un avvocato è molto difficile accettare queste orrende realtà”
- D. – Quanto spesso i minori vengono coinvolti in casi di femminicidio e cosa fa la legge per tutelarli?
R. – “I minori spesso sono testimoni oculari di violenza e spesso anche vittime. E’ questo l’aspetto più insopportabile. Purtroppo questa violenza spesso non viene denunciata e ci scivola dalle mani. Le ferite più gravi per questi bambini sono quelle della loro anima, non tanto quellle del loro corpo. Anche le contese sull’affidamento dei minori sono una assurda forma di violenza. Molti genitori sono i primi nemici dei loro figli. Occorre far capire a tutti che i figli non sono proprietà di nessuno nè un bottino di guerra da contendersi. Forse sarebbe il caso di istituire una “scuola di genitori” per imparare a rispettare i propri figli”
- D. – Quanto ritiene utile, nella società attuale, uno “sciopero delle donne” contro il femminicidio? Perché dovrebbero firmare la proposta di protesta?
R. – “Lo sciopero delle donne sarebbe un forte messaggio verso la società per fermare “la mattanza delle donne”. Lo vedrei con favore. Qualsiasi iniziativa tesa ad accrescere l’attenzione verso questo tema deve essere vista con favore. Ma c’è tanto altro da fare”.
– Chiara Di Miele – ondanews –