Disagio giovanile, iper connessione, ascolto, relazione, visibilità, interiorità sono alcune delle parole che accompagnano la cronaca dei nostri giorni. Agli eventi di microcriminalità seguono le analisi di psicologi e studiosi che raccontano di una società in cui i valori cardine si sono affievoliti. Spesso si accusano le agenzie educative di venir meno al proprio compito. Abbiamo conosciuto un uomo che con i giovani ci parla, senza fare la morale, ma aiutandoli a comprendere il proprio animo. Don Roberto Faccenda, 40enne di Eboli, è Responsabile del servizio per la Pastorale della Scuola e ci ha gentilmente concesso il suo tempo per rispondere ad alcune domande.
Si presenta con casco in mano, gilet, collane, anelli, bracciali e ti parla con lo slang paesano ma contemporaneo. Da 5 anni con la Pastorale Giovanile dell’Arcidiocesi Salerno-Campagna-Acerno ha avviato un progetto di ascolto nelle scuole di secondo grado.
- I giovani sono abituati al “contatto non alla relazione” ha affermato in un incontro pubblico. Vede finzione nei rapporti sociali? Questo è sintomo di quale disagio della gioventù?
L’impianto culturale è cambiato. I giovani sono per la connessione non per la relazione quindi il rapporto che intraprendono è più fugace, veloce e questa connessione non li fa andare nel pieno e nel vivo di una relazione, quel tipo che poi cambia il modo di stare insieme. Noto una totale perdita del senso del limite e del pudore. Mi colpisce tantissimo!
- Cosa è venuto meno nel legame con la società? E nel rapporto con gli adulti?
La famiglia, la scuola, la chiesa, la politica sono profondamente in crisi. Le chiese non sono piene di giovani, è vero, ma non si affezionano più nemmeno alla politica, non danno un peso specifico alla scuola, un’importanza alla cultura profonda, all’università. Questo perché è cambiato il processo culturale nel nostro tempo. Per i ragazzi, come pure per gli adulti, è importante essere visibili, popolari, ma ci dimentichiamo la realtà e di essere veramente credibili. I nostri genitori erano meno visibili e più credibili, anche se non li vedevamo fisicamente. Ci vuole più amore e amare significa dare ciò che manca: oggi quello che manca davvero è il tempo quindi concederlo è significativo.
- In questa condizione il suo apporto da sacerdote qual è? I ragazzi tornano a colloquio da lei?
Molti di loro tornano. Al di fuori della scuola abbiamo la possibilità di colloquiare ancora. Ad esempio la prossima settimana incontrerò una ragazza diplomata lo scorso anno. I ragazzi vivono un processo di esternalizzazione, tendono sempre a portare fuori. Questo mi colpisce molto. Alla fine dei colloqui con i giovani, affido loro un quadernino, per una sorta di esame di coscienza in modo da portare dentro di sé quello che è successo. Così compiono un processo inverso, cioè quello di interiorizzazione. Il mondo, in questo momento, ha perso questo processo che porta alla sfera profonda e vera.
- Vedendola in jeans, gilet e baffo nero in sella ad una moto la reputano amico o sacerdote?
Tanti di loro si interrogano sul discorso della fede, alcuni fanno con me un breve cammino spirituale. Quando mi vedono non si lasciano abbindolare dalla mia immagine. Sono molto interessati ad ascoltare quello che dico, se veramente sai toccare delle corde, se veramente sei capace di stare sul pezzo con loro, li catturi. Devi dar loro del tempo ma poi si ottiene un tempo di qualità. Dura 30 secondi il fascino degli orecchini e della moto, poi vogliono capire se sei credibile. Altri ragazzi, invece, vedono il colloquio a scuola come un modo per aprirsi e per essere ascoltati. Tanti giovani hanno bisogno solo di essere ascoltati, non di consigli; poi se sei bravo sicuramente una parola che dici potrà essere presa in considerazione. I loro riferimenti oggi sono tutti in connessione, via etere. Vediamo gli influencer, sono categorie nuove che però raccontano la nostra società. E’ la nostra società che vuole essere influenzata. Sappiamo che la pubblicità nasconde dei messaggi subliminali, figuriamoci un giovane che mi dice “voglio fare l’influencer”. Cioè, tu per mestiere vuoi influenzare una persona? Per me resta un grande interrogativo. Questo dice tanto della nostra società!
- Nota un atteggiamento di prevaricazione tra i giovani e babygang?
Mi è capitato anche questo. La cosa che mi colpisce di più e che alcuni di loro alla domanda ‘che vuoi fare?’ rispondono ‘i soldi. Voglio fa’ i sord..e il più facile e veloce possibile’. Le baby gang sono una conseguenza delle mancanze subite.
- Chi frequenta la Chiesa è ormai una mosca bianca. Perché e la Chiesa cosa potrebbe fare per riavvicinare il suo gregge?
La questione è che la Chiesa da oltre 2mila anni proclama sempre lo stesso Vangelo. Evidentemente le modalità di trasmissione che utilizziamo non sono appetibili in particolare per i ragazzi. Io a volte dico che noi parliamo sopra la testa dei ragazzi, sotto i piedi, ma non con loro. La Chiesa deve tornare alle sue origini, alla relazione che conta che ha senso. Seppure nelle chiese non ci sono giovani, il mondo dell’associazionismo, come lo scout, ne è pieno. Perché? Eppure, lì stanno senza cellulari, ma vogliono farlo. Per una settimana stanno a contatto diretto tra loro, in una relazione vera. Hanno, dunque, ancora piacere di sentire il profumo dell’altra persona, di toccarle la pelle, tutto un altro fatto rispetto allo schermo. D’altronde la scuola è testimone di questo: dopo la didattica a distanza sono aumentati i problemi tra i giovani che hanno visto duplicare le loro ansie e paure. Proprio perché è mancata la relazione. In questo momento come Chiesa dobbiamo tornare a vivere la pienezza delle relazioni stando assieme.
- Quali progetti ha in campo per consentire ai giovani di instaurare relazioni?
Innanzitutto seguiamo la linea del Papa il quale ha affermato che dobbiamo stare dove i ragazzi sono protagonisti, perciò lavoriamo fortemente nelle scuole (non come docenti di religione) e nelle università. Con la Pastorale facciamo tantissimi progetti legati alla solidarietà, all’affettività. Ad esempio, in una scuola di Salerno se un ragazzo viene sospeso, frequenterà le ore di obbligo non a scuola, ma nella Caritas, dove consegnerà i pasti. In questo modo i giovani mettono la propria vita a servizio degli altri e vivono meglio. Cito un altro paio di iniziative: il giorno prima degli esami di Stato abbiamo organizzato la benedizione delle penne in spiaggia a Salerno. Un po’ per scaramanzia, un po’ per fede erano presenti oltre 200 studenti. Ad ognuno di loro abbiamo regalato una conchiglia, simbolo dell’ascolto. In generale, promuoviamo iniziative di senso che mettono in relazione le persone. Sono cappellano della squadra giovanile della Salernitana: insieme al mister abbiamo predisposto un salvadanaio in cui i giocatori, quando dicono una parolina fuori luogo, inseriscono una moneta. A fine anno i giocatori fanno una giornata di servizio alla Caritas e devolvono quelle monete per i pasti dell’associazione. Il prossimo novembre, invece, a Bellizzi faremo una grande festa per i giovani.