La notizia della riapertura delle indagini sulla morte di Mario Fusco, il giovane chef di Centola deceduto il 1° marzo del 2020 in Francia a Montpellier ma il cui corpo fu ritrovato soltanto otto giorni dopo, è stata presa con misurata soddisfazione dai genitori, Aniello e Claudia, e dal fratello Marco. Ed è proprio quest’ultimo che, ad Ondanews, racconta le sue sensazioni, annunciando di aver scritto al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed al Ministro degli Esteri Tajani affinché intervengano su questa vicenda che tormenta la famiglia Fusco da oltre tre anni ma in cui forse si intravede finalmente uno spiraglio di luce.
“Niente e nessuno ci restituirà più il nostro Mario – esordisce Marco Fusco – ma io e la mia famiglia abbiamo il dovere di portare avanti questa battaglia di giustizia anche per evitare che capiti ad altri quanto è capitato a noi“.
La sera del 1° marzo 2020, mentre rientra a casa, imboccando uno svincolo autostradale Mario perde il controllo del suo Piaggio Mp3 e muore. Gli agenti francesi trovano lo scooter incidentato lungo lo svincolo, ma non trovano il corpo. Trascorsa una settimana in cui non hanno notizie del figlio i genitori di Mario sporgono denuncia ai Carabinieri di Centola. La stessa denuncia viene inviata anche al Consolato italiano a Marsiglia e quindi alla Gendarmerie. Solo il 9 marzo gli agenti d’Oltralpe tornano sul luogo del ritrovamento dello scooter. Il corpo del giovane chef di Centola si trova a 160 metri dal motociclo, nel prato che divide l’autostrada dallo svincolo. Mario ha ancora il casco solo poggiato in testa e diverse fratture e i guanti al fianco del corpo. L’autopsia viene effettuata in Francia.
- Marco, perché secondo te ci sono stati degli errori da parte della Gendarmerie?
Credo che un gendarme sia istruito a queste situazioni. Se trovo uno scooter incidentato mi pongo una domanda su cosa sia successo e mi metto subito alla ricerca della persona che era alla guida del motociclo. Nemmeno dopo le nostre denunce vengono presi dei provvedimenti. Nel verbale gli agenti della Gendarmerie, riprendendo mio fratello dal ristorante dove lavora fino a poco prima dello svincolo autostradale, scrivono che indossa correttamente guanti e casco, rispettando tutti i limiti di velocità e con un’andatura lineare. Giunti sul punto dell’incidente, i video delle telecamere non vengono recuperati. Quando ho chiesto agli agenti perché proprio allo svincolo non c’erano le telecamere, prima hanno tentato di svicolare la domanda, alla fine mi è stato risposto che il corpo è stato recuperato dopo una settimana dall’incidente e che i nastri si cancellano in automatico. Qualcosa di assurdo ed incredibile anche perché avevo già fatto la denuncia e loro recuperando lo scooter avrebbero dovuto fare due più due.
- Cos’altro c’è di oscuro nella ricostruzione degli agenti francesi?
Secondo una delle ricostruzioni della Gendarmerie, Mario perde il controllo dello scooter, sbatte contro il guardrail vicino alla barriera e viene scaraventato a 28 metri dopo l’impatto violento sul montante. Come fa ad essere ritrovato sul lato sinistro della carreggiata quando invece il motociclo è incidentato sul lato destro? Poiché il casco è solo appoggiato in testa ed i guanti stanno vicino al corpo, visto che l’autopsia effettuata in Francia dice che Mario è morto sul colpo, com’è possibile una cosa del genere? E poi quando è stato ritrovato aveva anche i pantaloni leggermente abbassati ma non erano sporchi né di terriccio né di erba. Ma se nell’impatto è rotolato per terra ci sarebbero dovute essere delle tracce.
- Con la riapertura dell’indagine cosa vi aspettate?
Che davvero venga fatta luce su questa vicenda, prima di tutto per sapere come realmente siano andate le cose e poi perché è una mortificazione essere stati trattati così da persone di cui pensavamo di poterci fidare. Mario non ritorna più e, invece, gli agenti che hanno agito, spero con leggerezza e non con dolo, magari sono pure avanzati di carriera.
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