“Ci avviciniamo al 2023, ma a quanto pare nell’ospedale ‘San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona’ di Salerno siamo fermi al 1823. Una situazione priva di valori umani, sicuramente non la prima né l’ultima, quella accaduta al Pronto Soccorso dell’ospedale”.
Tuona con queste parole la denuncia di un giovane che dopo aver portato la nonna, di Pontecagnano Faiano, in ospedale, sostiene che l’anziana sia stata derubata e trattata con sufficienza.
“Una signora anziana di anni 85, mia nonna – denuncia – (diabetica, tra le tante altre patologie di cui soffre) cade battendo la testa e procurandosi un taglio profondo che le provoca la perdita di molto sangue. Dopo circa 40 minuti dalla prima telefonata al 118 , viene finalmente soccorsa dall’ambulanza che arriva sprovvista di medico e di mezzi per trasportare l’anziana dal terzo piano al piano terra. Trasportata in ospedale, dove dopo i primi accertamenti e diverse ore di attesa viene abbandonata sulla barella del Pronto Soccorso. Riusciamo ad avere le prime informazioni dopo circa 6 ore e 30 minuti ,tramite una dottoressa che telefonicamente ci comunica che nonna sarà ricoverata e tenuta sotto osservazione per la notte per poi ripetere la tac a distanza di 24 ore dell’accaduto”.
Tutto, stando al racconto del nipote dell’anziana, procede secondo la prassi, ma a rilento. Avendo ricevuto però una buona diagnosi l’ottantacinquenne viene riportata a casa.
“Solo così mia madre riesce ad entrare all’interno del Pronto Soccorso per riportare sua madre a casa – racconta il giovane -. La situazione che trova è la seguente: persone anziane ammassate una accanto all’altra, senza distinzione di sesso. Mia nonna, su una barella totalmente nuda e ancora sporca di sangue, piena di lividi, capelli tagliati a zero e la ferita alla testa ricucita con dei punti che ricordano vagamente l’immagine di un macellaio che lega la carne di maiale. Mia nonna, invece, sembra una persona totalmente diversa da quella che avevamo lasciato 48 ore prima. Impaurita, non lascia avvicinare i suoi cari, desidera soltanto dormire e non essere toccata da nessuno. Non per ultimo, ‘passata’ la paura e felici che al di là di tutto mia nonna fosse tornata a casa, ci accorgiamo che gli orecchini e la collana d’oro che portava quotidianamente ormai da 50 anni erano magicamente spariti. Quegli stessi orecchini che per chi li ha presi sicuramente non saranno diventati pane per sfamare la propria famiglia, per mia nonna invece semplicemente rappresentavano famiglia, amore, ricordo e più semplicemente il suo vissuto. Valori che oggi sembrano non appartenere quasi più a questo mondo. Spariti, come in un gioco di prestigio che questa volta però non ha avuto il finale desiderato. Questo messaggio – conclude – che per molti resterà sicuramente un’altra delle tante storie tristi che accadono quotidianamente nel nostro Paese, vuole essere un invito alla riflessione, un inno a restare umani e a prendersi cura delle persone, soprattutto per chi di questo ne ha fatto e ne farà il proprio mestiere”.