E’ stata pubblicata la relazione della Direzione Investigativa Antimafia che traccia il profilo della provincia di Salerno dove agiscono vecchi e nuovi affiliati agli storici clan. Si fanno strada, inoltre, reati economici, sfruttamento del lavoro nero e azioni criminali per contendersi le piazze di spaccio.
Spicca l’operazione del 29 febbraio eseguita a Polla a conclusione dell’operazione “Atlante”, un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale nei confronti di 11 persone ritenute a vario titolo responsabili di traffico illecito internazionale organizzato di rifiuti, condotto attraverso l’utilizzo di documenti materialmente e ideologicamente falsi, intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e altro. Inoltre, è stato disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, finalizzato alla confisca dei beni e delle aziende corrispondenti al profitto dei reati ascritti nei confronti degli indagati e delle società coinvolte, per un valore complessivo pari a quasi 2,8 milioni di euro. Gli atti investigativi hanno documentato un traffico di circa 8000 tonnellate di rifiuti speciali tra una società di Polla e una società tunisina, con il coinvolgimento di funzionari della Regione Campania, commesso tra il 2019 e 2020.
L’11 novembre scorso, a Sala Consilina e Potenza, i Carabinieri e la Guardia di Finanza hanno dato esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di 8 indagati ritenuti responsabili in concorso di traffico e detenzione di stupefacenti, truffa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e concussione. L’organizzazione, stanziata a Sala Consilina, era attiva nel traffico di stupefacenti di vario genere (hashish e cocaina) sia in paese che all’interno della Casa Circondariale di Potenza, dove era recluso il capo dell’organizzazione. Le indagini hanno documentato che, per rafforzare le proprie capacità e disponibilità economiche, riciclava i proventi illeciti provenienti dalla commercializzazione della droga mediante società e rapporti finanziari intestati fittiziamente a prestanome, al fine di schermare la diretta riconducibilità dei cespiti. Inoltre, gli inquirenti hanno censito numerose truffe aggravate ai danni dell’INPS, realizzate con le società presso le quali venivano effettuate fittizie assunzioni di lavoratori (per lo più di detenuti ristretti nel Carcere di Potenza) a favore dei quali l’Ente previdenziale corrispondeva una serie di indennità in realtà non dovute, con conseguente realizzazione di illeciti profitti in gran parte erogati al sodalizio. Contestualmente è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, pari a circa 70mila euro, ritenuti prodotto e profitto dei reati contestati.
La Basilicata risente fortemente dell’influenza criminale delle matrici mafiose originarie dei territori regionali confinanti. Si tratta di una regione caratterizzata da un’economia relativamente debole ma le cui potenzialità, legate alla sua posizione geografica, alle risorse naturali e al patrimonio culturale, alimentano gli interessi delle consorterie criminali soprattutto delle regioni limitrofe. La regione riveste un ruolo strategico nel settore energetico grazie alla produzione di idrocarburi, che rappresenta una delle principali risorse economiche locali. Nel centro di Potenza risulterebbe operativa l’associazione mafiosa dei Martorano-Stefanutti, in collegamento con il clan Grande Aracri di Cutro, che ha esteso nel tempo i propri interessi oltre che in Basilicata anche in Emilia Romagna, soprattutto nel campo dell’installazione e della gestione di slot machine, nel traffico di stupefacenti e delle armi da fuoco, nelle attività estorsive e di recupero crediti verso imprenditori vittime di usura e nel settore eolico. Le capacità di infiltrazione della consorteria mafiosa nei settori legali dell’economia sono evidenti. È emblematico il caso di due società con sede a Potenza raggiunte da un provvedimento interdittivo antimafia per contiguità al clan, che sono riuscite ad aggiudicarsi appalti per la fornitura di servizi di pulizia in diverse regioni italiane, prevalentemente presso amministrazioni pubbliche, per un importo complessivo di oltre 32 milioni e mezzo di euro. Un provvedimento amministrativo di prevenzione collaborativa ai sensi dell’art. 94 bis del Codice Antimafia è stato emesso nei confronti di una società, con sede a Potenza, operante nel settore della costruzione di edifici, per contiguità dell’ex socio di maggioranza e amministratore unico con l’associazione mafiosa Martorano-Stefanutti. Due provvedimenti di rigetto dell’istanza di iscrizione nella white list provinciale con carattere di informazione antimafia interdittiva sono stati emessi nei confronti di altrettante società con sede a Potenza, operanti nel settore della cantieristica e sistemazione del territorio e in quello della locazione immobiliare, per contiguità dell’amministratore e dei soci e, nel caso di una delle società, con altro clan della provincia di rilevante spessore criminale (sodalizio Riviezzi).
A Salerno il controllo delle attività illecite continuerebbe ad essere esercitato in forma egemonica dal clan D’Agostino. Il sodalizio, malgrado le continue attività di contrasto e il fallito tentativo di nuovi gruppi emergenti di ritagliarsi margini di operatività, può ancora contare sulla presenza nell’area di riferimento di numerosi affiliati che continuano a praticare estorsioni, usura, truffe, ma soprattutto a dedicarsi al traffico e allo spaccio di stupefacenti. A tale proposito, un cenno particolare merita il Porto di Salerno. Qui il 30 aprile 2024 i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un sodalizio criminale composto da 14 persone accusate di associazione finalizzata al traffico, anche transnazionale, di cocaina e marijuana, furto, ricettazione e minaccia, aggravati dalle modalità e finalità mafiose.
L’attività investigativa ha consentito di disarticolare un sodalizio criminale composto prevalentemente da persone di origine campana in rapporti con appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta degli Alvaro di Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria. Uno degli indagati, residente nella provincia salernitana, avrebbe svolto la funzione di intermediario tra i narcotrafficanti stranieri e le organizzazioni operanti sul territorio nazionale utilizzando il Porto di Salerno come hub per l’importazione di droga dal Sudamerica. Il 24 ottobre 2024 sono state arrestate altre 14 persone ritenute responsabili di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e di numerosi reati relativi ad importazioni e cessioni delle sostanze. L’indagine avrebbe documentato l’esistenza di un’organizzazione criminale con base operativa a Salerno, dedita al traffico di stupefacenti destinato anche ad altre regioni, tra le quali Basilicata e Puglia. Le forniture di droga giungevano nel Porto di Salerno direttamente dalla Spagna per poi essere smistate e inviate ai clienti finali. Nel corso delle attività sono stati sequestrati circa 270 kg di stupefacenti, principalmente cocaina, e una pistola modificata.
La contesa per la gestione delle piazze di spaccio locali sembrerebbe essere all’origine delle frizioni tra gruppi criminali sfociate nei numerosi atti intimidatori registrati nel capoluogo salernitano. Il 1° febbraio, nel quartiere Matierno, due pregiudicati per stupefacenti hanno sparato alle gambe al titolare di un bar. Durante la notte dell’11 marzo, nel rione Sant’Eustachio, ignoti hanno esploso alcuni colpi d’arma da fuoco contro un edificio in cui risiede un soggetto riconducibile al clan D’Agostino. Ancora spari nella notte del 30 marzo nel rione Petrosino contro uno stabile in cui abitano i familiari di un pregiudicato per armi e droga, i quali sono stati vittime di un ulteriore atto intimidatorio con l’incendio dell’auto di loro proprietà.
La Piana del Sele si caratterizza per la diffusa presenza di fiorenti insediamenti agricoli e allevamenti di bovini, in particolare bufale, che alimentano una significativa attività produttiva lattiero-casearia e connotano l’economia del territorio. Qui sarebbero presenti alcuni gruppi criminali autoctoni con interessi illeciti principalmente rivolti al settore delle estorsioni e degli stupefacenti. Lo specifico comparto agricolo e zootecnico risulterebbe particolarmente esposto al fenomeno dello sfruttamento del lavoro nero mediante l’impiego di manodopera clandestina. Il 10 luglio 2024 i Carabinieri e la Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 47 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violazioni della disciplina normativa in materia di immigrazione, riciclaggio, autoriciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Contestualmente, è stato eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di altri 7 indagati accusati di violazioni della normativa sull’immigrazione. L’attività investigativa avrebbe documentato l’esistenza di un sodalizio criminale composto da professionisti, imprenditori ed extracomunitari che aveva organizzato un sistema per lucrare, a partire dal 2020, sull’illecito utilizzo della procedura “Click Day”. Ciascuna vittima avrebbe corrisposto 1.000 euro per ogni istanza inoltrata e altri 2.000 euro per il nulla osta all’ingresso in Italia e, infine, altri 2.000 euro in caso di ottenimento di un eventuale contratto fittizio. Altri imprenditori, addetti ai patronati e liberi professionisti, dietro compenso da parte di extracomunitari interessati, curavano i successivi adempimenti burocratici. Dall’indagine sarebbe emerso anche il coinvolgimento nel riciclaggio di proventi illeciti di soggetti riconducibili al clan Cesarano di Castellammare di Stabia. Il provvedimento cautelate ha condotto anche al sequestro preventivo di un terreno agricolo, disponibilità finanziarie e altri beni, per un valore di circa 6 milioni di euro.
Sempre in materia di immigrazione clandestina, il 28 ottobre a Eboli i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone. L’indagine, scaturita dall’incendio di una villa di uno degli indagati, ha documentato l’esistenza di un gruppo criminale che tramite una fitta rete di contatti composta da persone compiacenti, tra cui imprenditori disposti a dichiarare falsi rapporti di lavoro e sistemazioni alloggiative, lucravano sui nulla osta all’ingresso in Italia di extracomunitari per motivi di lavoro. A Eboli in passato hanno operato clan camorristici propaggini della Nuova Famiglia promossa e diretta da Carmine Alfieri e Pasquale Galasso. Tra questi figura il clan Maiale di cui va segnalata, a partire dal 2014, la scarcerazione di alcune figure apicali, alcune fuoriuscite dal programma di protezione a cui avevano aderito, ma che subito sono tornate a delinquere a riprova della forte vocazione criminale.
A Battipaglia e nei restanti comuni della Piana del Sele continuerebbe ad operare lo storico clan Pecoraro-Renna, ritenuto una delle organizzazioni camorristiche più strutturata della provincia di Salerno, il quale si avvale di gruppi federati o legati da semplici alleanze. Tra questi rientrano il gruppo Mogavero, che ha dimostrato particolare interesse per il settore degli autotrasporti dei prodotti ortofrutticoli locali tramite estorsioni e riciclaggio di proventi illeciti, il gruppo Bisogni operante a Bellizzi, specializzato nelle estorsioni a imprenditori locali, e il gruppo Di Lascio di Acerno, tradizionalmente attivo nel traffico e spaccio di stupefacenti. Da più recenti attività investigative sarebbe inoltre emersa un’inedita alleanza tra il clan Pecoraro-Renna e il clan De Feo di Bellizzi, che avrebbero anteposto alla storica e cruenta contrapposizione i più remunerativi interessi criminali, soprattutto nel settore del narcotraffico, istituendo una “cassa comune” per la spartizione degli utili. Il 6 giugno i Carabinieri hanno eseguito ordinanze di misure cautelari nei confronti di 11 persone ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione che avrebbero evidenziato anche interessi economici in un’attività commerciale sul litorale di Battipaglia di recente apertura.
Attualmente il clan Pecoraro-Renna, sebbene privo di leader storici, starebbe operando tramite le “nuove leve” le cui priorità consisterebbero nell’acquisire risorse per il sostentamento delle famiglie dei detenuti e nel mantenere il controllo delle attività illecite nel territorio, principalmente spaccio di stupefacenti e attività estorsive a ditte di autotrasporto. Il 13 settembre a Battipaglia i Carabinieri hanno arrestato in flagranza un appartenente al clan Pecoraro-Renna, legato anche da vincoli familiari a figure apicali del sodalizio, trovato in possesso di numerose armi da guerra, un fucile a canne mozze, 2 mine antiuomo, 2 ordigni esplosivi artigianali, 3 spolette di innesco, munizioni di vario calibro e un passamontagna. Altri due esponenti del clan sono stati arrestati dalla Polizia il 18 ottobre con l’accusa di associazione mafiosa, usura ed estorsione aggravate dalle modalità e finalità mafiose. I due indagati, già condannati in via definitiva per associazione mafiosa, sebbene detenuti, mediante telefoni cellulari illecitamente introdotti nelle carceri avrebbero contattato le vittime a cui avevano precedentemente prestato del denaro, chiedendone il rimborso con minacce sostenute dalla propria appartenenza al clan.
Il Cilento costituisce il quarto contesto territoriale della provincia di Salerno dove non emergerebbero evidenze circa la presenza di organizzazioni camorristiche autoctone. Ad Agropoli, nell’ambito dell’attività di contrasto ai patrimoni mafiosi, nel 2020 la Guardia di Finanza ha eseguito delle misure ablative dalle quali sarebbero emersi reinvestimenti di proventi delittuosi in quel territorio da parte dello storico clan Fabbrocino, organizzazione camorristica operante in alcuni comuni della provincia orientale di Napoli con spiccata vocazione imprenditoriale. In tale prospettiva potrebbe risultare significativa l’attuale presenza di un esponente di spicco di quel clan, che dopo la recente scarcerazione ha ottenuto di scontare la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Castellabate dal giugno scorso.
Con riferimento al clan Fabbrocino, il 23 ottobre 2024 la Guardia di Finanza di Salerno ha eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di un discendente del defunto capo storico, accusato di autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e altri reati in materia fiscale. L’indagine ha interessato alcune società con sede a Montecorvino Rovella attive nel settore del commercio di prodotti surgelati, riconducibili all’indagato e ad alcuni familiari i quali avrebbero realizzato una serie di condotte fraudolente nella contabilità aziendale allo scopo di eludere il pagamento dei creditori e del fisco.
Nel territorio di Capaccio Paestum ha tradizionalmente operato lo storico clan Marandino il cui boss, recentemente morto, risultava legato alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo di cui curò la latitanza ad Albanella fino al 1979. Il clan non risulterebbe più operativo. Tuttavia nel 2023 sarebbe tornato in libertà un noto affiliato, condannato per associazione mafiosa per la sua appartenenza al clan Marandino e già destinatario di un provvedimento di confisca di beni del valore di oltre 3 milioni di euro eseguito dalla DIA di Salerno nel 2018.
Il 3 ottobre dello scorso anni a Capaccio Paestum la Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 6 persone, tra cui alcuni amministratori locali, accusati di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Le indagini avrebbero documentato delle irregolarità nelle procedure negoziali per l’affidamento di appalti pubblici, avvenuti dietro compenso, relativi al rifacimento di alcuni tratti della rete stradale urbana e dell’ampliamento ed efficientamento energetico dell’illuminazione comunale. Il provvedimento ha comportato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di circa 540mila euro.