“Chi e perchè ha ucciso Aldo Moro“. Non una domanda, ma un’affermazione vigorosa quella che, questa mattina, ha risuonato nella sala conferenze di Palazzo Picinni a Sassano intitolata al Presidente del Consiglio rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel maggio del ’78.
Una targa dietro cui fiorisce una “sete di verità che passa anche per Sassano“, come ha detto in apertura il sindaco Tommaso Pellegrino. Tra gli interventi quello del Segretario provinciale del Pd Nicola Landolfi, del coordinatore territoriale del partito Mimmo Cartolano e dei due parlamentari dem Tino Iannuzzi e Sabrina Capozzolo.
Ma a tenere viva l’attenzione del pubblico, tra cui erano presenti tanti amministratori valdianesi, rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e istituzioni civili e religiose, è stato senza ombra di dubbio il magistrale intervento dell’onorevole Gero Grassi, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul “caso Moro”. E’ un fiume in piena il parlamentare pugliese nell’illustrare il certosino e meticoloso lavoro concernente una delle pagine della storia del Paese più importanti e, nel contempo, oscure.
Date, nomi, titoli di quotidiani del tempo, particolari e dettagli sconosciuti ai più, le ultime lettere di Moro, le clamorose rivelazioni che emergono dal dossier della Commissione. Agghiacciante sentire dalla voce dell’appassionato Grassi di un documento a distruzione immediata destinato a Stefano Giovannone, agente dei servizi segreti in Medio Oriente, che, giorni prima del rapimento, ordinava di contattare i terroristi del posto per ottenere informazioni sulla liberazione del Presidente del Consiglio esponente della Dc. Emergono inoltre dal racconto la politica di quegli anni e le sue personalità di rilievo, le figure ambigue dei brigatisti, gli esami balistici eseguiti dopo il ritrovamento, gli interrogatori.
“Fu un ‘delitto di abbandono‘ – dice Grassi, parafrasando un titolo del Corriere del ’79 a firma di Carlo Bò – perchè Moro è stato abbandonato da tutti, dal Parlamento, dal Governo, dai sindacati, dalla Chiesa, dalle forze armate, dai servizi segreti, dagli stati esteri. Queste sono le deduzioni che vengono dagli atti processuali. Per 55 giorni la Camera e il Senato non si sono mai riunite per un’interrogazione. Cento deputati democristiani non ci furono, nessuno fiatò, perchè così doveva andare“.
Rasentano la commozione le parole di Grassi, prepotentemente richiamano l’attenzione su un caso da troppi anni rimasto insabbiato. Ma celano un monito, quello che spinge a ricordare, innanzitutto, e a pretendere la verità. “Quando andrete a casa – è stato il saluto del parlamentare al pubblico di Sassano – con i vostri amici parlate dell’uomo amico, mite e buono, Aldo Moro, perchè nessuno abbia a dimenticare la sua vita e la sua morte. Non è morto per caso, è morto per quello che è stato in vita. Pasolini diceva ‘io so ma non ho le prove’, io vi dico che so ma non ho ancora tutte le prove“.
– Chiara Di Miele –