Il geologo Pierluigi Vecchia, che lavora da 20 anni nell’E&P, spiega le ragioni dell’astensione in vista del referendum del 17 aprile, posizione che ha espresso anche nel sito del Comitato “Ottimisti e razionali”.
- Da dove nasce la sua posizione a favore dell’astensione al referendum del 17 aprile?
Due sono i motivi. Il primo: il quesito è squisitamente tecnico e un cittadino, per quanto possa cercare di essere informato, non ha gli strumenti per decidere cosa è meglio. È come se a me chiedessero se un chirurgo deve usare un bisturi di acciaio o di caucciù. Il secondo: cercare di dare una valenza strategica a un referendum di questo tipo significa ingannare il cittadino. Non si fermano le “trivelle” con questo referendum.
- Che scenari si prospettano, a suo avviso, sul mondo dell’economia e del lavoro dopo il referendum nel caso di vittoria del “sì” o di chi si sta dichiarando favorevole all’astensione?
Gli impatti operativi di una vittoria del SI sarebbero quasi esclusivamente sulle infrastrutture per il gas naturale, che l’ambientalismo illuminato riconosce come la fonte essenziale per traghettarci verso un futuro di energie “altre”. Gli impatti politici e industriali sarebbero sulla credibilità di questo Paese, sulla certezza del diritto. Oggi tocca alle aziende petrolifere, domani potrebbe toccare al settore delle penne a sfera o dei pannelli solari. Così come gli impatti sul mondo del lavoro: la crisi globale ha messo in ginocchio tantissime aziende e lavoratori, l’eccellenza italiana è particolarmente esposta, perchè in molti sono già senza lavoro o in cassa integrazione. Si sono già perse alcune migliaia di posti di lavoro. Continuiamo a farci del male mandandone a casa altri? Molte Università italiane puntano sulla formazione dei giovani in questo ambito: gli impatti sulla formazione dei giovani e sulla conoscenza sarebbero devastanti. Perché idrocarburi e geoscienze sono legati indissolubilmente. I dati del sottosuolo sono una preziosa fonte di informazioni: permette a noi geologi di conoscere il territorio, e di spiegare a voi cittadini la pericolosità e il rischio sismico e vulcanico.
- “Questo non è un referendum voluto dal basso”: è d’accordo con questa affermazione?
Sì, molto d’accordo: chi ha provato a raccogliere le 500mila firme non ci è riuscito, sono stati 9 Consigli regionali a richiederlo, è la prima volta nella storia della nostra Repubblica. E non è neanche un referendum trasversale: 7 Consigli sono a guida dello stesso partito di maggioranza. Da cittadino ho il forte sospetto che dietro ci sia un qualche regolamento di conti all’interno del partito. Questo è un referendum voluto dalla politica, quella più meschina ed opportunista, e cavalcato da questo strano associazionismo ambientalista per meri intenti di visibilità, di tessere, di tornaconti.
- Tutela del paesaggio e dell’ambiente e trivellazioni: si può trovare un punto di contatto secondo lei?
Il punto di contatto esiste da decenni, ma nessuno se ne è mai accorto. Solo ora sembra che questa industria sia in Italia il diavolo in persona. Numerosissimi sono i casi di contatto fra paesaggio e turismo con queste attività, basta cercare ad esempio cosa sia il Waddenzee in Germania o Wytch Farm in Gran Bretagna. In italia? Prendiamo l’esempio della Romagna: da 50 anni ci sono numerose piattaforme di produzione di gas naturale nel mare e un indotto industriale ricercato in tutto il mondo, mi sembra che abbiano saputo conciliare perfettamente tutto ciò con uno sviluppo turistico di tutto rispetto. O no?
– Filomena Chiappardo –