L’Onorevole Marzia Ferraioli interviene sulla questione della soppressione del carcere di Sala Consilina inviando una lettera al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiedendo quali iniziative urgenti vorrebbe assumere a riguardo.
Di seguito la lettera integrale dell’On. Ferraioli inviato al Ministro Bonafede.
“In accoglimento del ricorso del Comune di Sala Consilina e dell’Ordine degli avvocati di Lagonegro per l’annullamento del decreto ministeriale (27 ottobre 2015) di soppressione della casa circondariale di Sala Consilina, il Consiglio di Stato (sent. 5113/2017) ha ordinato al Ministero della giustizia:
a) il rinnovo dell’intero procedimento amministrativo (viziato dal mancato coinvolgimento delle categorie interessate: amministrazione comunale e consiglio degli Ordine degli avvocati);
b) il ricorso all’istituto della conferenza servizi, per l’«esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti» da effettuarsi in «forma simultanea e in modalità sincrona», il 14 giugno 2018, alle ore 11, presso la stanza n. 312 del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sito in Roma, largo L. Daga, n. 2;
gli «interessi pubblici coinvolti», testé richiamati, si identificano nella difesa degli interessi dei soggetti che, in quel territorio, esercitano «funzioni essenziali alla adeguata tutela di diritti costituzionalmente garantiti»;
grave è il vulnus al «principio della territorialità della esecuzione penale»: autorità giudiziarie, avvocati e ogni altro operatore del settore sono obbligati ad utilizzare più case circondariali. Castrovillari (distante 75 km, con tempi di percorrenza di 1 ora e 15); Potenza (oltre 100 km e raggiungibile in 1 ora e 30); Vallo della Lucania (circa 100 km raggiungibile in 1 ora e 10); Eboli, 100 km e tempi di percorrenza superiori a un’ora);
corrisponde però, all’interesse pubblico da tutelare anche e forse soprattutto la non soppressione di case circondariali utili a contribuire al ridimensionamento di «trattamenti inumani e degradanti» connessi al sovraffollamento carcerario e alla «insufficienza di strutture e al disagio che grava su detenuti ristretti in spazi non corrispondenti allo spazio minimo di vivibilità che l’Unione europea prescrive». E non pochi sono stati i ricorsi alla Corte europea per il rinvio della esecuzione di una pena eseguita «in condizioni degradanti»;
il «trattamento del detenuto» e «la sua rieducazione in vista della risocializzazione» sono precetti primari (della legge che disciplina l’ordinamento penitenziario e del regolamento che la completa), saldamente ancorati al disposto dell’articolo 27, terzo comma, della Costituzione, il quale statuisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del detenuto»;
la carenza di spazi ha dato occasione a plurime condanne dell’Italia per mancato rispetto dei principi relativi al trattamento penitenziario affermati dal Consiglio di Europa e, dopo i sopralluoghi dell’aprile del 2016, a plurimi «formali inviti» a far sì che «molti istituti di pena non operino ancora al di sopra delle proprie capacità»;
a questa stessa stigmatizzazione sembra abbia voluto aderire anche il Presidente del Consiglio dei ministri, nella seduta alla Camera dei deputati del 6 giugno 2018, allorché ha rilevato che «ci sono margini di intervento che riguardano anche i detenuti che non devono vivere al di sotto della dignità»:
quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo”.