Il comitato “Se non ora quando -Vallo di Diano” esprime particolare rammarico per l’entità della pena comminata pochi giorni fa dai giudici del Tribunale di Lagonegro a Sandro Pili, autore del femminicidio della moglie Pierangela Gareffa avvenuto nel novembre del 2014. Al reo confesso è stata difatti riconosciuta la seminfermità mentale, in seguito ad una perizia psichiatrica richiesta dal suo difensore, consentendogli di ottenere uno sconto di pena rispetto a quella inizialmente richiesta di 16 anni. Così con il rito abbreviato e con tale riduzione della condanna la punizione di Sandro Pili è di quattordici anni di carcere e tre in una casa di cura e di custodia.
“Concordiamo con le tesi sostenute dal prof. C. Mencacci, già presidente della Sip (Società italiana di psichiatria) nonché direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano,– dicono dal comitato – il quale sostiene che ‘troppo spesso ricorrendo a giustificazioni psicopatologiche, che non hanno nessun fondamento, questi assassini si vedono rapidamente ridotte, nei diversi gradi di giudizio, le pene che erano state loro comminate, quando, invece, occorrerebbe essere severissimi, applicare con maggiore attenzione i sistemi preventivi, abolendo le giustificazioni anche di natura psicologica perché nella maggior parte dei casi si tratta di un vero e proprio gesto aggressivo'”.
“In un convegno, tenutosi a Roma il 21 novembre 2013 dal titolo “Quanto costa il silenzio”, – spiegano i membri del comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano” – l’esperto precisò che ‘sulla scorta di diversi dati, tra i quali quelli dell’Istituto europeo di ricerche economiche e sociali (Eures), si dimostra che, in oltre 400 casi, solo il 3,6 % degli uomini che hanno ucciso una donna erano portatori di una malattia mentale. Nella stragrande maggioranza ci troviamo, infatti, davanti a uomini che hanno comportamenti violenti, aggressivi, prepotenti, semplicemente una personalità antisociale ed egoistica, che non tollerano la possibilità per la donna di operare scelte diverse e autonome'”.
“Ricordiamo – continuano – che la Relatrice dell’Onu contro la violenza di genere, Rashida Manjoo, ha definito i femminicidi in Italia quali ‘l’estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti in Italia contro le donne. Queste morti non sono incidenti isolati che arrivano in maniera inaspettata e immediata, ma sono l’ultimo efferato atto di violenza che pone fine ad una serie di soprusi continuativi nel tempo. Condotte culturalmente e socialmente accettate, tollerate o giustificate, per cui l’impunità è la regole e l’assunzione di responsabilità da parte degli Stati è veramente carente'”.
Nell’eventualità che contro questa sentenza si ricorra in appello, il comitato Se non ora quando-Vallo di Diano auspica che ai magistrati giudicanti delle sorti del femminicida pervenga chiara e netta la presa di posizione della Società italiana di psichiatria, che a nome dei suoi iscritti “non vuole più fornire, in nessun modo, una pur minima sponda o giustificazione a crimini che sono da sempre odiosi, ma che finalmente la nostra società sta imparando a conoscere come tali”.
– redazione –
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