Filomena Gallo, avvocato cassazionista originaria di Teggiano e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, sulle pagine di “io Donna”, il femminile del Corriere della Sera che la annovera tra le “Donne d’impatto”, 10 protagoniste che fanno la differenza nella ricerca, per i diritti e contro l’odio, nell’arte e nell’impresa, “la voce di chi ha indicato nuovi orizzonti“.
In una piacevole intervista rilasciata alla giornalista Anna Alberti l’avvocato di origini valdianesi racconta la sua attività e la sua instancabile passione per la tutela dei diritti civili. Filomena ha fondato nel 1998 l’associazione Amica Cicogna con cui ha ottenuto varie modifiche alla legge sulla procreazione medicalmente assistita. Mentre con l’Associazione Luca Coscioni negli ultimi anni ha lottato numerose battaglie tra cui quella per la legge 219/2017 sul testamento biologico e le Dat (Disposizioni Anticipate di Trattamento). Ha poi coordinato il collegio difensivo di Marco Cappato nel processo per aver aiutato Fabiano Antoniani, noto a tutti come dj Fabo, che ha condotto alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale per il diritto al suicidio medicalmente assistito.
Nel corso dell’intervista su “io Donna” la giornalista rivolge a Filomena Gallo una domanda emblematica: “Da dove nasce tanta determinazione?“.
“Da un vizio di famiglia – risponde lei -. Ho origini contadine, fin da piccola ho sentito forte il senso della legalità, a partire dagli insegnamenti dei miei genitori e dei miei nonni. Persone gioiose, solide, determinate. Poi gli studi di giurisprudenza, la passione per i diritti della persona. Infine nel 2004, durante la raccolta di firme contro la legge 40, l’incontro con Marco Pannella, Emma Bonino, Marco Cappato e Luca Coscioni, ha segnato il mio percorso. Loro davvero non hanno mai mollato“.
Poi il racconto della comune militanza con Cappato e della loro solida amicizia in nome dei diritti civili, il supporto fornito mesi fa a Federico Carboni, il primo italiano ad accedere al suicidio assistito dopo una battaglia legale contro l’Azienda sanitaria delle Marche, e le prime battaglie a tutela delle coppie che non riuscivano ad accedere ai farmaci per la stimolazione ovarica.