Lettera aperta alla redazione di Franco Iorio
Sarà il logorio di un altro anno consumato a ore, saranno queste giornate cariche di pioggia, saranno le date dei ricordi di chi ha chiuso i suoi conti con la vita, sarà il peso di qualche acciacco che si avverte ai primi freddi serali, ma la domanda si affaccia assillante: cosa resterà di noi dopo di noi?
Chiarisco subito: non è la domanda di un credente che confida in un posto nel cielo. E’ solo chiedersi un esame sul futuro degli affetti, sugli obblighi e sui doveri della propria esistenza.
Insomma è domandarsi se di noi resterà qualcosa anche nei sentimenti dei propri legami, se ci sarà chi conserverà la memoria delle nostre parole. Il pensiero di dover consegnare una società migliore a chi ci succede dovrebbe essere sufficiente a farci sentire il peso enorme degli obblighi e delle responsabilità che teniamo addosso nel tempo che ci è concesso di lottare. Magari anche per inventare parole nuove, che altri facciano proprie e ne trovino altre ancora, ma pregne di passato affetto, di scambio di colloquio tra chi resta e chi è andato via.
Dunque, possiamo aver paura di chiederci cosa resterà di noi? Se la risposta fosse negativa, dovremmo reinventarla la vita, viverla di nuovo, impegnarci a cambiarla per adempiere ai compiti e alle responsabilità che la società esige da noi.
Si diventa adulti un giorno, con la forza dei valori che caratterizzano l’essere e l’agire. Ma è per questo che insorge il desiderio di condividerli, di trasmetterli come patrimonio di testimonianza. Trapassare è nella natura, essere dimenticati è cosa peggiore. Certo, anche per la propria nullità si può essere ricordato, per la malvagità, per la cattiveria, per la grettezza. Essere indicati a modelli di nullità per gli aspetti negativi del vissuto.
Non sarà l’ultimo respiro a stabilire la fine, perché una vita priva di valori, priva di affetti da condividere, è già morta. E non sarà una lapide a ricordarci, quanto piuttosto ciò che ci è appartenuto in termini di lavoro, di responsabilità, di impegno, di scrupolo. Allora è pensabile, questo sì, che qualcuno dopo prenderà in prestito qualche esempio e anche qualche parola per farli suoi.
– Franco Iorio –