La campanella per la ripresa dell’anno scolastico in Italia non suona solo per studentesse e studenti, chiamati al ritorno in classe, ma riserva il suo tono più acuto e allarmante agli adulti e alla politica.
L’impoverimento educativo sconta ancora gli effetti di Covid e DAD, soprattutto tra i minori già in svantaggio socioeconomico. Il 9,7% degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione “implicita” cioè senza le competenze minime necessarie (secondo gli standard INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università, mentre il 12,7% dei minori non arriva neanche al diploma delle superiori perché abbandona precocemente gli studi. Anche in questo caso, il confronto con l’Europa è pesante, visto che l’incidenza della dispersione scolastica, nonostante i progressi compiuti, in Italia resta tra le più elevate in assoluto dopo quella della Romania (15,3%) e della Spagna (13,3%), ed è ben lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dall’Unione Europea.
Il numero dei NEET, i 15-29enni che si trovano in un limbo fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1% ed è addirittura il più alto rispetto ai Paesi UE (media 13,1%) segnando quasi 10 punti in più rispetto a Spagna (14,1%) e Polonia (13,4%), e più del doppio se si considerano Germania e Francia (9,2%).
Queste sono alcune delle evidenze emerse nel nuovo rapporto “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini in pericolo e per garantire loro un futuro, in vista della riapertura delle scuole per il nuovo anno scolastico.
A partire dal collegamento tra povertà materiale e educativa in Italia, il rapporto analizza alcuni deficit strutturali del sistema scolastico a livello nazionale e locale, in termini di spazi, servizi e tempi educativi, come mensa e tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole. Mettendo in luce la relazione effettiva tra disuguaglianze di offerta sui territori e esiti scolastici, ma anche quella tra la qualità dell’offerta, dove c’è, e la resilienza nell’apprendimento dei minori in svantaggio socioeconomico.
In Italia, le disuguaglianze territoriali si configurano come un fil rouge in negativo che attraversa le diverse dimensioni della povertà educativa in Italia. Guardando in dettaglio i dati sulla dispersione “implicita” al termine del ciclo scolastico della scuola superiore, che a livello nazionale si attesta al 9,7%, emerge infatti una forte disparità geografica. Nelle regioni meridionali infatti, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3%) e in Calabria (-3,8%), permangono percentuali di dispersi alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale con una punta del 19,8% in Campania. In Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Nel caso della dispersione esplicita, l’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del Sud va ben oltre la media nazionale (12,7%) con le punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%) e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%). Anche prendendo in esame la percentuale dei NEET, che in Italia è del 23,1%, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati).
Entrando ancor più nel merito della realtà territoriale della scuola, il rapporto diffuso prende in considerazione alcuni indicatori “strutturali” su tempi, spazi e servizi educativi, come la presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità, mettendo in luce la correlazione positiva tra la qualità dell’offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti.
“Nelle zone più deprivate, dove operiamo con Save the Children, tocchiamo con mano gli effetti sui bambini e gli adolescenti dell’onda lunga della crisi prodotta dalla pandemia e di una povertà che colpisce, con l’aumento dell’inflazione, in primo luogo le famiglie con bambini. Sono quartieri nei quali la scuola rappresenta un presidio fondamentale per tutta la comunità. Per questo chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dall’attivazione di aree ad alta densità educativa nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia, scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento, ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali. All’apertura di questo nuovo anno scolastico, chiediamo inoltre alle Regioni e agli Uffici scolastici regionali la massima vigilanza nel rispetto di quelle norme che dovrebbero tutelare le famiglie più in difficoltà: a partire dal tetto di spesa per i libri di testo e dal divieto di imporre alle famiglie contributi volontari; chiediamo infine interventi straordinari per assicurare la gratuità dei servizi di mensa per i bambini e le bambine la cui situazione economica è peggiorata in questa fase. Dobbiamo fare di tutto per evitare che il peso della crisi economica colpisca proprio le bambine, i bambini e gli adolescenti che in questi giorni entrano di nuovo in classe”, ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.