
Il grave conflitto in Ucraina rende sempre più difficili i rifornimenti di farmaci e ossigeno e ha bloccato le terapie. I pazienti sono in difficoltà e l’Osservatorio malattie rare (Omar) fin dai primi giorni degli attacchi ha tenuto i rapporti con le associazioni del posto: è in questo scambio costante di informazione che avviene l’incontro con Yuliya, una ragazza di 26 anni che fino a qualche giorno fa viveva a Kiev e che soffre di ipertensione arteriosa polmonare.
Una storia fatta di speranza ed altruismo che vede anche la fattiva collaborazione di un’eccellenza valdianese, il Professore Michele D’Alto, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell’ipertensione polmonare della Cardiologia universitaria dell’ospedale “Monaldi” di Napoli, originario di Monte San Giacomo.
Yuliya è una giovane donna coraggiosa che ha deciso di scappare da Kiev ma prima di farlo ha provveduto a cercare un centro che si occupasse della sua malattia e, attraverso una ricerca su internet dei centri europei più specializzati in ipertensione polmonare e cardiopatie congenite, ha scoperto il “Monaldi”. Ha chiesto delle referenze e attraverso l’Osservatorio si è messa in contatto con l’Associazione Malati di Ipertensione Polmonare Onlus.
“Non poteva scappare in un posto qualsiasi, ha avuto lucidità nell’indagare prima, viveva a Kiev dove si curava nel centro universitario – ci racconta il Professore D’Alto – Sono stato contattato dall’associazione: questa ragazza era pronta a prendere un pullman, ad attraversare la Polonia e a venire a Napoli. Non nego che la cosa mi ha reso orgoglioso. Ho dato così disponibilità, ho attivato il Centro di Coordinamento delle Malattie Rare diretto dal Professore Giuseppe Limongelli, la nostra farmacia, la Direzione Strategica. Un’unione di intenti, insomma: tutti, in maniera indistinta ed entusiasta, hanno dato disponibilità”.
Yuliya è stata accolta da una paziente del “Monaldi”, rappresentante campana dell’AMIP, che è andata a prenderla e ad accompagnarla in una zona dell’ospedale del Mare adibita ad accogliere i vari profughi per poi indirizzarli in altri posti.
“L’ho visitata, le ho fatto una serie di accertamenti, abbiamo recuperato i farmaci di cui lei era sprovvista – riferisce il Professore D’Alto – al suo arrivo aveva solo uno zainetto e poche medicine per garantirsi la sopravvivenza qualche settimana. Parla un poco di inglese, ha l’interprete e attraverso quest’ultimo le abbiamo fatto sapere l’intenzione di prenderci cura di lei. E’ stata molto coccolata, è diventata una mascotte! Adesso entrerà nel nostro programma di follow-up, ossia quei controlli periodici per la valutazione della malattia”.
D’Alto non nasconde l’emozione: “Mi ha suscitato un senso di protezione forte questa ragazza, è nata con una cardiopatia congenita, non è stata operata in tempo perché si tratta di un intervento che va fatto nel primo anno di vita. Per cui è una ragazza abituata a soffrire, ad affrontare la malattia dalla nascita, non conosce una vita diversa, nonostante ciò ha avuto forza e coraggio nel venire da noi mettendosi in viaggio”.
Yuliya all’inizio era timorosa ma ben presto ha legato con tutti: “Mi ha detto che ha capito di trovarsi nel posto giusto – ci racconta il Professore – e questa cosa mi ha emozionato. Mi ha chiesto se poteva abbracciarmi e farsi una foto. Una foto che mi ha inviato poi con un cuoricino attraverso il cellulare della sua interprete, lei purtroppo ne è sprovvista. Queste storie fanno capire il vero senso profondo del nostro lavoro di medici”.